NOI, OVIDIO 

studio n.1

Tubature sconnesse, cavi, parti di strumentazioni elettroniche: una Terra dei Fuochi del futuro. Il sapere e la comunicazione ridotti a irredimibile, non più interpretabile scarto, inarginabile, inutile percolato di una civiltà in declino o già, forse, scomparsa.

Questo vede chi, come noi, vive sulla soglia dell’ennesimo diluvio?

Nell’epoca della facile connessione, scopro quanto sia difficile, al contrario e contro ogni previsione, vedere le relazioni tra noi e gli altri, tra noi e le cose: tutto, per comodità, è dato per scontato e tutto, in realtà, è dimenticato o posto in stand by, una modalità nuova della morte.

La morte della morte, quasi, potremo azzardare?

Riscoprire le relazioni tra noi e ciò che ci circonda è atto di primaria importanza: luogo di generazione o rigenerazione di senso, azione necessaria per chi si ponga in modo responsabile.

L’inesauribile incontro dell’uomo colla realtà trova nella forma poetica un territorio privilegiato della trasmissione dell’esperienza e nelle trame del mito la materia più duttile.

Tutte le cosmogonie, le teogonie e le mitologie sono alla fondazione di ogni civiltà in quanto luogo di esercizio delle lingue allo scopo primario delle stesse: esse, le lingue, essendo il territorio di condivisione e di trasmissione delle esperienze.

E tra tutte le narrazioni possibili, all’atto di fondazione della nostra civiltà occidentale troviamo innumerevoli miti di trasformazione: le metamorfosi: che sono il luogo della trasfigurazione dell’esperienza da una forma ad un’altra, invenzione e reinvenzione continua di analogie e intuizione di legami: quasi, metaforicamente, il luogo stesso del Mito, oscillante sovrano di quell’incerto spazio tra il dicibile e il non dicibile, come l’etimo stesso suggerisce.

Luogo dell’intuizione, del sogno, dell’invenzione delle chimere e dei mostri, il mito giunge a noi dal passato già attraverso una trasformazione subita ab origine; la più violenta, probabilmente: dalla forma orale a quella scritta.

E da questa violenza originaria noi partiamo facendo un viaggio al contrario, innanzitutto, per riscoprire la debolezza dell’oralità; e nella fragilità e nella bellezza di quel che la flebile voce, l’effimero flatus vocis, può ancora significare e testimoniare, trovare, riscoprire, ritessere ulteriori, inattese trame e perduti orditi per le nostre orecchie offese; ricucire tra loro questi brani strappati e salvati dalla gola del leone e giustapporli a comporre il nostro nuovo sapere; riscoprire il senso del nostro essere umani non tanto nella affermazione della potenza della nostra specie sulle altre e sugli elementi della natura, quanto nella dignità che ci rende responsabili delle relazioni con tutti e con tutto ciò che ci circonda.

Un viaggio di riappropriazione che riguarda innanzitutto i dimenticati corpi, che sono, invece, esattamente il luogo di passaggio e di intersezione delle esperienze oggetto delle narrazioni.

La scrittura di Ovidio è materia di straordinaria freschezza e permette, nella sua continuamente varia modulazione, tentativi di interpretazione che vadano dalla magnificazione dell’esperienza, d’ambito eminentemente teatrale, ad una intimistica recitazione di misura quasi cinematografica. Il risultato è un necessario, gioioso mantello di arlecchino, assunto come progetto di riscoperta e appropriazione delle esperienze del poeta.

Si tratta di una prima investigazione - quasi una perlustrazione, diremo - su materiali formalmente e sostanzialmente vari che non finiscono di stupirci e

saranno certo spunto per ulteriori prossime tessiture.

I materiali qui proposti sono il frutto della scelta degli studenti che hanno partecipato al percorso laboratoriale e che stasera, in scena, daranno vita a personaggi: scuola di libertà e di assunzione di responsabilità, dal testo ai costumi tutto è passato attraverso questa esperienza unica il cui esito non era per nulla scontato.


Docenti referenti

Prof.ssa FATIMA LEONE

Prof.ssa SARA VOLPE

Prof.ssa MARIA TERESA SORELLA

Gli studenti

RALUCA BUJOREANU, ANGELA CAMPANARO, ALESSIO CANDELORO, FILIPPO CELSI, MARIA ELENA CENTORAME, SOFIA CIAMPOLI, ELEONORA CUOZZO, VICTOR DE PESLIN LACHERT, BEATRICE DI LALLO, AURORA DI MARZIO, EMANUELA DIODATI, REBECCA GIACINTUCCI, IOANNA GRILLI, OTMAN HMICH, DAVIDE IENGO, GRETA MARCHEGIANO, CRISTINA MUCCIANTE, PIETRO PALESTINI, LAURA PARDI, MARTINA PASHO, FRANCESCA PERFETTO, ELENA PIETRANTONIO, MARIA LAURA SORVILLO, MICHELA VISCEGLIA

Scene e costumi FRANCESCO TOPPETA

Coreografie MIRIAM DI NARDO DI MAIO

Composizione drammatica e regia DOMENICO GALASSO