CARBONIO
(da Il sistema periodico di Primo Levi)
Una modalità non canonica di celebrare il Giorno della Memoria.
(Dall’articolo a cura di Paolo Verlengia, pubblicato sulla rivista TEATRIONLINE)
CARBONIO di Primo Levi
Lettura scenica di Domenico Galasso
Introduzione Stefano Redaelli
Produzione: Piccolo Teatro Orazio Costa (Pescara)
Carbonio è l’ultimo dei ventuno racconti che compongono Il Sistema Periodico, il libro che Primo Levi pubblica nel 1975. Si tratta di un’opera ambigua, sfuggente rispetto alle classificazioni di genere. Il Sistema è il quinto libro di Levi, che fotografa dunque uno stadio di piena maturità e consapevolezza stilistica da parte dell’autore di Se questo è un uomo. In particolare, segna il progressivo ritorno ai temi legati alla memoria personale, dopo il bisogno di distacco manifestato con i due volumi precedenti – Storie Naturali (1966) e Vizi di Forma (1971) – in cui Levi sperimenta la formula del racconto scientifico e fantascientifico.
La premessa appare necessaria per presentare compiutamente il lavoro scenico di Domenico Galasso. […] La scelta del testo sembra del tutto coerente con la cifra di questa sfida austera. Galasso poteva selezionare facilmente una delle tante pagine leviane caratterizzate da una presa molto più diretta sul pubblico e sulle sue corde emotive, ivi compreso il medesimo Sistema Periodico, dove predominano i racconti autobiografici. Per contro, Carbonio è un testo che non procede verso chi lo legga o chi lo ascolti, il quale è anzi chiamato a colmare da sé la distanza che lo separa dalle parole. Manca una reale vicenda anche perché manca un personaggio tradizionalmente inteso. Da tutto ciò si deduce che siamo davanti ad una volontà progettuale da parte di Domenico Galasso, un passo da cui non a caso si dipartono tutte le linee di ciò che sulla scena avviene e risuona. Il palco è lasciato nella sua nudità, guarnito solo dagli “strumenti di lavoro”… Sullo sfondo, dal nero teatrale si staglia il bianco prorompente di due elementi minimi quanto netti: una pietra ed un bicchiere di latte.
Siamo ovvero nella dimensione pura della mise en espace, il territorio teatrale che nasce per porre il testo al centro della scena e dell’attenzione. E Carbonio è un testo arduo anche per l’attore, il quale è chiamato a poggiarsi sulle mere “porosità” verbali della pagina: l’interpunzione, la consistenza delle consonanti, le possibilità di variazione proposte dagli avverbi e dagli incisi, fino a far riverberare una ricchezza di valori attorici non segnalati ma presenti, che il testo contiene sottotraccia.
Ecco allora che il mestiere attorico compie un atto di transustanziazione, un’opera – diremo – di tipo chimico, secondo un parallelismo che Levi non solo amerebbe, ma che amò e predilesse. L’attore – lavorando su di un testo quasi ostile, rispetto ai canoni – rivela un’essenza istrionica ed ilare che il testo possedeva solo in potenza, o che tratteneva pudicamente nel codice di uno stile di scrittura raffinato, dove il gioco trionfa perché si celia e si cela costantemente.
Carbonio è soprattutto il testo che maggiormente illustra la formazione scientifica di Levi, il quale non si scoprì scrittore per repentina necessità, né mai rinnegò le coordinate della sua identità effettiva. Il chimico Levi sorvegliò costantemente sul Levi umanista ed artista, scongiurando ogni autocompiacimento nella forma.
Domenico Galasso si muove con rigorosa naturalezza in un percorso di saperi che non si sovrappongono, bensì si sostengono vicendevolmente: il mestiere dell’attore come custode primo dell’opera dello scrittore, nel pieno della sua profondità e vitalità palpabile.
Completa la lettura scenica l’intervento del Prof. Stefano Redaelli (Università ARTES LIBERALES di Varsavia).
(Dall’articolo a cura di Paolo Verlengia, pubblicato sulla rivista TEATRIONLINE)
CARBONIO di Primo Levi
Lettura scenica di Domenico Galasso
Introduzione Stefano Redaelli
Produzione: Piccolo Teatro Orazio Costa (Pescara)
Carbonio è l’ultimo dei ventuno racconti che compongono Il Sistema Periodico, il libro che Primo Levi pubblica nel 1975. Si tratta di un’opera ambigua, sfuggente rispetto alle classificazioni di genere. Il Sistema è il quinto libro di Levi, che fotografa dunque uno stadio di piena maturità e consapevolezza stilistica da parte dell’autore di Se questo è un uomo. In particolare, segna il progressivo ritorno ai temi legati alla memoria personale, dopo il bisogno di distacco manifestato con i due volumi precedenti – Storie Naturali (1966) e Vizi di Forma (1971) – in cui Levi sperimenta la formula del racconto scientifico e fantascientifico.
La premessa appare necessaria per presentare compiutamente il lavoro scenico di Domenico Galasso. […] La scelta del testo sembra del tutto coerente con la cifra di questa sfida austera. Galasso poteva selezionare facilmente una delle tante pagine leviane caratterizzate da una presa molto più diretta sul pubblico e sulle sue corde emotive, ivi compreso il medesimo Sistema Periodico, dove predominano i racconti autobiografici. Per contro, Carbonio è un testo che non procede verso chi lo legga o chi lo ascolti, il quale è anzi chiamato a colmare da sé la distanza che lo separa dalle parole. Manca una reale vicenda anche perché manca un personaggio tradizionalmente inteso. Da tutto ciò si deduce che siamo davanti ad una volontà progettuale da parte di Domenico Galasso, un passo da cui non a caso si dipartono tutte le linee di ciò che sulla scena avviene e risuona. Il palco è lasciato nella sua nudità, guarnito solo dagli “strumenti di lavoro”… Sullo sfondo, dal nero teatrale si staglia il bianco prorompente di due elementi minimi quanto netti: una pietra ed un bicchiere di latte.
Siamo ovvero nella dimensione pura della mise en espace, il territorio teatrale che nasce per porre il testo al centro della scena e dell’attenzione. E Carbonio è un testo arduo anche per l’attore, il quale è chiamato a poggiarsi sulle mere “porosità” verbali della pagina: l’interpunzione, la consistenza delle consonanti, le possibilità di variazione proposte dagli avverbi e dagli incisi, fino a far riverberare una ricchezza di valori attorici non segnalati ma presenti, che il testo contiene sottotraccia.
Ecco allora che il mestiere attorico compie un atto di transustanziazione, un’opera – diremo – di tipo chimico, secondo un parallelismo che Levi non solo amerebbe, ma che amò e predilesse. L’attore – lavorando su di un testo quasi ostile, rispetto ai canoni – rivela un’essenza istrionica ed ilare che il testo possedeva solo in potenza, o che tratteneva pudicamente nel codice di uno stile di scrittura raffinato, dove il gioco trionfa perché si celia e si cela costantemente.
Carbonio è soprattutto il testo che maggiormente illustra la formazione scientifica di Levi, il quale non si scoprì scrittore per repentina necessità, né mai rinnegò le coordinate della sua identità effettiva. Il chimico Levi sorvegliò costantemente sul Levi umanista ed artista, scongiurando ogni autocompiacimento nella forma.
Domenico Galasso si muove con rigorosa naturalezza in un percorso di saperi che non si sovrappongono, bensì si sostengono vicendevolmente: il mestiere dell’attore come custode primo dell’opera dello scrittore, nel pieno della sua profondità e vitalità palpabile.
Completa la lettura scenica l’intervento del Prof. Stefano Redaelli (Università ARTES LIBERALES di Varsavia).